Moreno Zocchi: "L'emozione di vedere una bella giocata"

 
Moreno Zocchi, direttore sportivo di numerosi ed importanti settori giovanili e club italiani, ha partecipato alla seconda serata del Workshop LGI, dove sono stati approfonditi numerosi temi e punti di vista su come e cosa significa fare scouting, oltre alla diversa interpretazione del suo ruolo.
Parlando dei collaboratori e coloro che gravitano attorno alla figura del direttore sportivo, è così intervenuto:
“Mi sono reso conto, avendo la fortuna di poter stare due anni alla Juve, che m’innamoro sportivamente delle persone che mi possono insegnare qualcosa. Faccio fatica, invece, ad andare d’accordo con le persone che sia sportivamente che umanamente mi possono insegnare poco niente. C’è sempre la necessità e il bisogno di imparare cose nuove.”
Aprendo poi il tema principale, su quali erano, sono e saranno le tecniche principali per notare e selezionare un giocatore, Zocchi ha parlato del suo occhio e di quanto la sua esperienza lo aiuti e non poco nell’individuare un profilo:
“Ho più volte cambiato approccio e modalità d’uso nello scouting e, nel corso del mio percorso, ho cambiato spesso modo di fare e tutt’ora modifico sempre qualche atteggiamento di anno in anno. C’è però una cosa che rimane sempre, per me fondamentale e lo ripeto di continuo. Dopo qualche anno di esperienza ti accorgi che il tuo occhio, anche involontariamente, senza nessuna volontà da parte tuo cervello, paragona il giocatore che stai vedendo, o meglio il ragazzo che stai vedendo, ad un giocatore di alto livello visto precedentemente. Questa visione e fa sì che tu prenda in considerazione la possibilità che questo ragazzo possa diventare un calciatore di professione poiché, in maniera del tutto involontaria, ti ricorda una determinata giocata o un determinato stop di un giocatore visto e apprezzato in passato. L’emozione che ti può dare il riconoscimento di una giocata o di una qualsiasi azione che viene fatta sul campo, per me fa ancora la differenza. È quindi l’occhio esperto che fa sì che tu ritorni a una situazione che avevi già visto precedentemente e che ti ha fatto fare una scelta in passato, la quale poi  ti riporterà a rifarla in quel preciso momento.”
In conclusione l’ex direttore sportivo dell’Imolese ha poi aggiunto il suo punto di vista sulle critiche e il modus operandi di Fabio Paratici, passato da una guida e un’impostazione italiana in un club del nostro paese (la Juventus) al Tottenham.
“Le modalità con cui Paratici dimostra vicinanza alla squadra sono state ampiamente criticate, soprattutto perché lui è spesso andato in panchina assieme alla squadra, seguendo uno stile molto italiano, criticando magari anche il comportamento degli arbitri. Questo atteggiamento nella nostra cultura calcistica può essere visto in modo diverso: attaccamento al lavoro, attaccamento alla maglia e questo genere di considerazioni. In Inghilterra viene criticato in maniera pesante, ma se è vero quello che esce, questo atteggiamento dovrebbe essere respinto dai giocatori stessi, non dall’ambiente circostante. Questo esempio ci aiuta a spiegare bene che bisogna essere bravi a capire immediatamente il contesto in cui si sta lavorando e quindi ad agire di conseguenza.”
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